martedì 21 febbraio 2017

uscita allenante itinerante alla corte del Bramante Febbraio 2017



 E’ di domenica 19 febbraio, l’appuntamento mattutino dei “camminatori coi  bastoncini”.
Il ritrovo è prefissato in prossimità del Canale della Muzza, nell’estremo lembo più a nord di Paullo.
La frazione paullese di Conterico.
Conterico di sopra per l’esattezza, poiché nel passato, vi era anche un Conterico di sotto, un’unica comunità da sempre divisa da quel ramo dell’Adda divenuto poi Muzza.
Un antico agglomerato di case e cascinali con chiesetta dedicata a S. Bartolomeo, ormai sconsacrata, ma che ancora agli inizi degli anni Settanta svolgeva messa domenicale.
Il luogo di Conterico risale da un primario insediamento celtico, poi trasformato in villa e agro  romano, con annessa dogana e riscossione di dazi per il transito di animali, merci e persone sulle due sponde.
Un possedimento feudale rilevante nei suoi trascorsi storici. L’abitato, che un tempo faceva comune a sé per il gran numero di abitanti è ora ridotto a poche presenze in relazione alle necessità e mutamenti del  luogo.

Il nostro itinerario inizia proprio da questa antica “piazzetta” che si affaccia sul canale, oggi anche  parcheggio delle nostre auto.
Sono le nove circa, come previsto, il sole stenta però a penetrare, e noi, scalpitanti camminatori, serrate le impugnature dei nostri “attrezzi” ci mettiamo in marcia.
Siamo un bel gruppo e sgranati sul percorso ci contiamo in 23.
Si segue un ottimo fondo sterrato sull’alzaia sinistra idrografica della Muzza.
La direzione è a nord verso Lavagna di Comazzo.
Da subito si apprezza la limpidezza delle acque che placidamente scorrono su un ben visibile fondale ghiaioso. Sembra storia remota, ma in questi tratti fluviali, ancora alcuni decenni fa, transitavano con le loro capienti barche, i “cavatori di ghiaia”. Un mestiere scomparso, ma che per secoli è servito all’importante approvvigionamento di ghiaie già dragate e pulite per gli usi diversi.
In questo lungo tratto, la dimensione del canale, con le sue larghe sponde e sinuosità, rappresenta un dettaglio di quando era ancora un fiume.
L’invernale frescura delle campagne circostanti e la numerosa alberatura sulle rive ci ritornano un senso di pacatezza.

Ed ecco, che affacciato su opposta sponda, ci appare un importante caseggiato agreste.
E’ la Palazzina Gardino, esempio significativo di villa gentilizia di età sforzesca.
Peccato non poterla visitare.
Databile all’ultimo ventennio del Quattrocento, debitrice del linguaggio bramantesco, coniuga elementi di discendenza fiorentina, urbinate e lombarda. La medesima cultura architettonica che caratterizza il vicino Oratorio di Rossate, meta del nostro percorso di giornata.
Trasformata in un preesistente cascinale fortificato a residenza signorile. L’edificio è stato recentemente restaurato. Presenta una ricca e raffinata decorazione in cotto che sottolinea un doppio ordine di lesene. Numerosi i busti e teste in terracotta ad altorilievo, con formelle sempre in terracotta a fondo azzurro. Un esempio di cultura antiquaria di pieno gusto rinascimentale.
Se ne trova corrispondenza nella famosa serie di teste che decora l’antica sacrestia di Donato Bramante in Santa Maria presso S. Satiro (1483).
I Calco e i Marliani, nell’ordine, le famiglie proprietarie del feudo di Rossate con Gardino durante il ducato di Filippo Maria Visconti.
Si tramanda testimonianza che in questo tratto fluviale, nei periodi stagionali delle piogge, vi era confluenza e aspersione di grande quantità di acqua fluviale, quasi a formarne un lago. Lo si nota ancora dalle alte sponde circostanti, un po’ distanti rispetto l’attuale corso del canale. Si parla anche di  una bonifica d’inizio Novecento avvenuta in questi luoghi.

Il nostro cammino prosegue, ma già si staglia all’orizzonte il recentissimo viadotto autostradale, che qui, cavalcando la Muzza interrompe un secolare paesaggio.

Sulla nostra destra, distinte da campi a dimora invernale, appaiono due amene località rurali.
Un primo cascinale, denominato il Torchio, per la presenza dell’importante mulino a ruota mosso da rogge che qui si intersicano.
Il mulino non più operante, è stato recentemente ristrutturato e ricollocato come moderno e accogliente punto di sosta e ristoro, pur mantenendone le precedenti sembianze.
Poco più in là la frazione di Vaiano.
Di romana discendenza, in risultanza di numerosi reperti archeologici recuperati in seguito agli scavi sulla via centrale del paese avvenuti negli anni Sessanta.
Antica pieve quella di Vaiano, con chiesa dedicata a S. Zenone. Attualmente  il borgo, per la scarsa  necessità di manodopera in agricoltura, risulta ormai ridotto a pochissimi abitanti.

Ed eccoci giunti a Lavagna.
Di origine romana (Levania) è posizionata alla destra del canale Muzza, si raggiunge attraversando un bel ponte in muratura.
Un tempo Lavagna, ora frazione di Comazzo, era dedita all’agricoltura, lo testimoniano ancora rilevanti cascinali in un’unica via centrale che raccoglie l’abitato.
La parrocchiale del XVI secolo è titolata a S. Bassiano Vescovo e condivide con la Cattedrale di Lodi la dedica al santo patrono Bassiano.
Nella seconda metà del Quattrocento, un cittadino illustre, Filippo da Levania, fu importante pioniere della stampa, conferendo vanto e onore al paese di Lavagna.

Costeggiando la parrocchiale ci si inoltra nella campagna circostante.
Una recentissima e ben attrezzata ciclopedonale in terra battuta ci conduce in poco più di un chilometro alla minuscola località di Rossate.
Da un lungo trascorso di oblio e decadenza, si ascrive oggi la località di Rossate tra i centri di rilevante interesse ai fini della storia del Rinascimento in terra Milanese.
Il sito di Rossate si compone storicamente intorno a Cascina Castello, un’ampia struttura di impianto quadrilatero a corte chiusa, attualmente in abbandono e ridotta a rudere. Sorta assai probabilmente sul sedime di una più antica costruzione a carattere difensivo.

Desta ancora meraviglia nel viandante occasionale imbattersi nella piccola chiesa di S. Biagio.

La chiesa oratorio di S. Biagio, un’architettura pregevole, ispirata alle forme del linguaggio bramantesco. Singolare nella sua ubicazione, in un contesto di nucleo rurale quasi sperduto in queste campagne dell’alto lodigiano.
Il nucleo di Rossate viene citato nei documenti a partire dall’885. Nel 1180 viene documentato per la prima volta l’esistenza di un castello a Rossate; la presenza di una fortezza verrà segnalata all’inizio del 400.
Nel 1108 compare la prima citazione nei documenti, di una chiesa dedicata a S. Biagio in località Rossate. Alla fine del 400 e alla prima metà del 500 viene eretto l’attuale oratorio dedicato a S. Biagio, vescovo di Sebastopoli e martire, plausibile, sul luogo della precedente chiesetta documentata nel 1108.
Gli atti delle visite pastorali effettuate a Rossate alla fine del 500 documentano già lo stato di abbandono dell’oratorio, in cui risulta non ancora terminato. Alla data del 1584 infatti l’edificio non era ancora dotato di campanile e le pareti non ancora dipinte.
L’oratorio, presenta una parte inferiore a parallelepipedo con tre absidi e una superiore ottagonale, con un ordine di finestre tonde ed un altro di finestre rettangolari cieche. Lo completa una bassa torre che fa da campanile.
Tutto il complesso è in cotto e conserva un aspetto di eleganza e di proporzioni classico rinascimentali. L’interno nei colori e affreschi è quasi andato totalmente perduto.

Nella storia di Rossate da secoli vi è venerazione dell’antico Crocifisso.
Un indizio che avvalora tale devozione è la scoperta di una data incisa in una formella in legno al centro della mensa dell’antico altare barocco risalente al 1693.
Come sia giunto il Crocifisso, importante nelle dimensioni, policromo nella bellezza, scolpito dalle mani di abile artista su un pregiato legno non è documentato.
La leggenda popolare tramandata dice sia giunto e tratto dalle acque della Muzza, forse in seguito a qualche incendio o distruzione e per questo, nel tentativo di salvarlo gettarlo in acqua.
E di acqua o di pioggia si implora nelle processioni penitenziali rivolte dagli agricoltori del vicariato, in richiesta di grazia all’antico Crocifisso.

Di certo un miracolo moderno, si è realizzato ai giorni nostri.
Si tratta del complesso, indispensabile recupero, strutturale conservativo, durato circa due anni, che ha permesso e riportato a nuova dignità la bramantesca chiesa oratorio di Rossate.
Una promessa dovuta dalle imponenti infrastrutture autostradali che attraversano questo territorio.

Il nostro ritorno ripete in parte il tragitto di andata.
Si è mantenuto una buona media, percorrendo in totale quattordici chilometri nelle tre ore circa previste.
Si completa così un’interessante uscita itinerante, che ci ha permesso di scoprire una parte  importante di territorio dell’Alto Lodigiano.  

  
Antonio Ferrarese             


per vedere tutte le fotohttps://goo.gl/photos/H7ro8GoyPFxZM2XZ9







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